Vacanze nel Salento
Il Salento può diventare diverso a seconda del punto da cui lo si osserva, si può fare scenario di storie fantastiche, tra sirene e folletti, fate e “macare”, guerrieri e principesse.
Una leggenda fitta e tramandatasi oralmente come tra i cantori dell’Iliade e dell’Odissea.
“Cunti”, racconti che prendono forma e hanno luogo in posti magici del Grande Salento.
E come in uno studio antropologico va profilandosi uno scrigno, custode di storie e fantasia popolare, un miscuglio di realtà, mistero, verosimile.
Un modo nuovo per approcciarsi alla storia e storie che rendono unico questo lembo di terra, per introdursi nei “cunti” e riemergere più consapevoli del tessuto culturale in cui ci si inoltra.
Nasce a questo proposito un libro, un piccolo compendio di miti salentini, “Salento da Favola”, 59 leggende.
Ne citiamo qualcuna:
“La leggenda del cane fedele nelle vore di Acquarica del Capo/Barbarano; i santi e le municeddhe di Cannole (dove si tiene una famosa sagra estiva in onore delle municeddhe); gli zinzuli della principessa, a Castro; la principessa e la lana da filare, a Corigliano d’Otranto; il fantasma del trainiere di Cutrofiano; il bambino rapito ed il tesoro, a Galatone; Sant’Oronzo conservatore, il nachiro e la macina ribelle, di Lecce; i turchi e la fuga della Vergine, ad Otranto; le vergini e l’oro di Vereto, a Patù (Santa Maria di Leuca); la notte brava dei demoni, a Soleto; il pastorello salvo sulle secche, a Torre Pali (Salve); l’amore del principe turco, ad Ugento”.
Queste sono solo alcune, l’antologia è molto ricca.
Una Puglia ricca di cultura, dunque. Oltre ai “cunti”, ci sono i cantori della tradizione musicale, dei canti , appunto.
Tra questi i Mascarimirì che conducono studi di ricerca su pizzica, canti di lotta, d’amore e di lavoro, da sempre aperti alla contaminazione sonora partendo dalle terre più vicine per sonorità fino a spingersi a quelle più lontane.
Poi c’è il gran lavoro degli artigiani, capaci, con la maestrìa delle loro mani, di dare vita a grandi opere, con la lavorazione della cartapesta, della pietra leccese, della terra cotta, del ferro battuto, dell’intreccio.
La cartapesta, nei secoli, deve il suo successo alla realizzazione di figure, specialmente religiose, diverse da quelle lignee o marmoree, facilmente trasportabili e dal costo più contenuto. Ora viene impiegata per la realizzazione di scenografie, pezzi d’arredo, maschere teatrali, pupi per i presepi.
La pietra leccese è assurta a simbolo di Lecce e del suo stile barocco, degno del plauso e dell’ammirazione di qualsivoglia visitatore. Il suo particolare colore giallo-paglierino e la sua malleabilità nella lavorazione, danno per risultato meravigliosi fregi, balconi e frontali di chiese.
La terracotta è un’antica forma di artigianato salentina, di influenza messapica. Anche per la lavorazione del ferro battuto occorre andare molto indietro nel tempo, nel ‘700. Abili artigiani creavano decori e cesellature per chiese e palazzi della città: ringhiere; battenti; inferriate; cancelli.
Prodotti storici della lavorazione ad intreccio, che impiegava giunco, vimini ed eucalyptus, sono cesti e manieri per la raccolta della frutta, contenitori per ricotte e formaggi, borse ed oggetti d’arredamento.
Suscita un buon livello di curiosità questa terra per chi non l’avesse mai vista, qui abbiamo fatto leva su tradizione e leggende, “cunti” e canti, senza far cenno al mare cristallino e blu, due litorali e due diversi mari, Ionio ed Adriatico, la possibilità di riscontrarne differenze ed analogie, tra sabbia fine e bianchissima e scogliera.
Per una vacanza di cui vale la pena, diamo qualche piccolo suggerimento in tema di alloggi, vedete un po’ i Villaggi Turistici del Salento.