Rimborsi elettorali: una questione da affrontare!
L’esito delle elezioni 2013 – come i giornali, tv e siti web ci dicono da giorni – è pieno di incertezze.
Due i risultati incontrovertibili:
- sarà molto complicato assegnare l’incarico per la formazione di un nuovo governo che possa avere una maggioranza stabile, proprio in pieno “semestre bianco” e quindi senza la possibilità per il Presidente della Repubblica di indire nuove elezioni
- il boom promesso da Beppe Grillo in Piazza San Giovanni in chiusura di campagna elettorale è arrivato e si è sentito forte in tutta Europa: primo partito con più del 23% al Senato e 25% alla Camera
Fra le battaglie che i “grillini” vogliono portare ed affrontare in Parlamento c’è quella sui rimborsi elettorali. Proprio ieri sul suo blog Beppe Grillo ha affermato la non volontà di dare fiducia ad un ipotetico governo Bersani, ma che i rappresentanti del suo movimento voterebbero “di slancio” una legge proposta dal PD che azzeri i contributi ai partiti fin dalle elezioni appena svolte. Sarebbe un primo segnale di avvicinamento della vecchia politica ai cittadini stanchi degli sprechi e delle spese folli dei partiti.
La questione “finanziamenti ai partiti” è vecchia: introdotti nel 1974 dalla DC con l’obiettivo di rassicurare l’opinione pubblica dopo gli scandali corruzione avvenuti l’anno prima (sulle compagnie petrolifere), invece di favorire maggiore trasparenza ai cittadini nel corso degli anni hanno creato nuovi scandali.
Un primo referendum (indetto dai Radicali nel 1978) per l’eliminazione, nonostante fosse stato “boicottato” apertamente dai partiti, ottenne oltre il 43% di consensi. Tre anni dopo però gli stessi partiti si raddoppiarono i finanziamenti emanando la legge 659 del 18 novembre 1981.
Nel 1993, all’indomani dello scandalo Tangentopoli, un secondo referendum sul tema (anche stavolta promosso dai Radicali Italiani) ottenne oltre il 90% di “sì”. Nonostante la volontà popolare già dall’anno successivo in Parlamento vennero reintrodotti i rimborsi per le cosiddette spese elettorali che furono applicati già dalla elezioni politiche del 1994.
Due, anche in questo caso, le correnti di pensiero: da una parte si muove la critica che un annullamento totale dei finanziamenti può far sottostare gli stessi partiti ai giochi di potere e di pressione delle classi sociali più agiate della popolazione; dall’altra il pensiero diffuso è che dietro questi rimborsi si celi un surplus eccessivo di denaro che finanzia i partiti in maniera maggiore rispetto alle “spese” sostenute, specie dopo le leggi introdotte sul tema negli anni 2000 che hanno ridotto il quorum all’1% per l’ottenimento dei rimborsi (2002), e l’erogazione per tutti i 5 anni di legislatura indipendentemente dalla conclusione anticipata della stessa (2006).
Ma quanto “ci sono costati” questi rimborsi?!? E, soprattutto, sono giustificate le somme richieste?
Nelle tornate elettorali 1994–2008, secondo la Corte dei Conti, sono stati erogati oltre 2,2 miliardi di rimborsi fra elezioni politiche, regionali ed europee. Di questi oltre 1,6 mld non hanno una giustificazione formale da parte dei partiti che hanno ricevuto i finanziamenti. In particolare, le nuove norme introdotte nel 2002 hanno consentito a partiti come la Sinistra Arcobaleno di fare parte dei rimborsi elettorali per tutta la legislatura nonostante nessun parlamentare sedesse in Parlamento.
Dopo gli scandali dei “tesorieri” di Margherita e Lega Nord del 2012, il governo dei tecnici ha modificato la legge sui rimborsi elettorali. In particolare, nel 2013 verranno erogati 91 mln di euro fra i partiti che hanno ottenuto almeno un seggio alle elezioni politiche svolte lo scorso 24-25 febbraio.
Da restituire, secondo i grillini; indispensabili per coprire le spese sostenute durante la campagna elettorale secondo il Partito Democratico.
La questione rimborsi insieme agli emolumenti dei parlamentari sarà certamente una delle battaglie della prossima legislatura: i grillini in Sicilia da Ottobre accantonano quasi il 75% del proprio stipendio su un fondo che favorisce il microcredito.
Ma una Regione non fa l’Italia parafrasando un proverbio primaverile…..
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