L’infanzia e l’adolescenza di Diego Armando Maradona
Diego Armando Maradona nasce alle ore 7:05 del 30 ottobre 1960, esattamente di domenica, che neanche a dirlo è che per gli amanti del calcio il giorno dei goal, almeno fino all’avvento delle pay–tv.
Primo figlio maschio di papà Chitoro, pescatore di “dorados”, e mamma Tota, Diego vive in una casa di Villa Fiorito, quartiere della periferia sud della città, e viene subito soprannominato El Pelusa per l’esagerata mole di capelli.
Se a qualcuno venisse l’idea che la classe e il talento di Maradona siano da ritrovare nei suoi cromosomi, possiamo subito dire che si sbaglia. Nella famiglia Maradona di talento calcistico non se ne parla proprio. Si è vero, c’era suo Zio Cirillo che era stato portiere dell’Estrela Roja di Villa Fiorito e che nel quartiere era soprannominato “il tappo” , poi suo padre Chitoro ala destra della squadretta dell’Esquina, comunque abbastanza poco per considerare Diego un figlio d’arte.
La palla, però, è uno dei primi regali che riceve il bimbo, a regalargliela è suo cugino Alberto Zarate, Diego non sembra gradire troppo, in realtà è ancora piccolo, a lui piace andare nella strada vecchia a vedere i treni passare e a rubare le zucche nell’orto del vicino, a dimostrazione che El Pelusa era già un discolo.
L’infanzia e l’adolescenza di Diego Armando Maradona
Passano gli anni e Diego comincia ad amare la palla, nelle strade polverose di Villa Fiorita si gioca dalla mattina alla sera e tutti i ragazzini fingono di essere Hector Yazalde, un calciatore professionista dell’Indipendiente che è nato a pochi isolati da li.
L’idolo incontrastato di Maradona è Goyto, un ragazzino poco più grande di lui che tutti nel quartiere identificano come il più bravo. Tutti voglio giocare con lui, anche Diego, ma gli altri non vogliono che Diego e Goyto giochino nella stessa squadra proprio perché altrimenti non ci sarebbe partita. Lo stesso Goyto a differenza degli altri sostiene, invece, che il più forte del paese è proprio El pelusa.
Il calcio, Maradona, comincia però anche a vederlo, la domenica con papà Chitoro prendono il tram e vanno alla Bombonera a vedere il Boca, e lì Maradona ha modo di ammirare i suoi due grandi idoli: Angel Clemente e Pianetti.
Il poco interessamento per la scuola avvicina Diego Maradona sempre più al calcio vero, quello con le magliette con i numeri e con un allenatore a bordo campo. Un impiegato di banca che per hobby fa l’osservatore porta Goyto a fare un provino per l’Argentinos Juniors. Goyto viene preso ma l’osservatore insiste affinché venga fatto un provino anche a El Pelusa, molto più forte di Goyto. I dirigenti incuriositi decidono di andare a vedere e scoprono per la prima volta Diego Armando Maradona.
Maradona cresceva magrolino ed esile, anche se le gambe erano forti e robuste, grazie anche a mamma Tota che non faceva mai mancare una bistecca a suo figlio.
I soldi erano pochi e la carne era un privilegio solo di Diego, le sorelle Ana, Kity, Lili, Mary e Caly in fondo potevano mangiare meno e i fratellini Raul e Hugo erano ancora piccoli.
Qualche soldino in più, comunque, ogni tanto si racimolava grazie all’attività di operaio del papà di Diego che lavorava spaccandosi la schiena 12 ore al giorno.
La risposta dai dirigenti dell’Argentinos non si fa attendere: Diego è stato preso e dovrà giocare nelle “cebollitas”, così venivano chiamati i ragazzini dell’Argentinos jr.
La mamma accetta subito, il papà ha un po’ paura, ma alla fine cede e porta lui stesso Diego a Las Malvinas dove c’è il campo di allenamento.
Per il piccolo Diego il viaggio è lunghissimo, racconterà alla mamma tutto eccitato che ci sono voluti ben due autobus per arrivare al campo. Quello è il primo giorno di scuola calcio, ci sono centinaia di ragazzini che arrivano sui carretti come Pinocchio e Lucignolo al paese dei Balocchi; l’allenatore Cornejo in dieci minuti capisce tutto e si accorge in poco tempo di due cose: Diego è il più basso, ed è mancino, un piede sinistro così in un bambino di nove anni non lo aveva mai visto, ma si accorge, anche, che Diego usa il piede destro solo per camminare.
Passa qualche anno e Diego, come tutti i ragazzini delle scuole calcio, ha 10 anni e fa il raccattapalle per la prima squadra.
Una domenica fra il primo e il secondo tempo, vede in mezzo al campo un pallone, quello vero, quello che non danno ai ragazzini, lui non resiste, va a prenderlo e comincia una serie infinita di palleggi, quelli soliti, spalla, coscia e piede; la palla non tocca mai terra proprio come queipalleggi che per anni vedremo fare nei riscaldamenti con il Napoli.
Il pubblico è in delirio, ogni tocco è un olè, Diego non vuole posarlo finché un inserviente gli fa segno che è ora di smetterla e lui con un colpo di tacco lo consegna all’allenatore dell’Argentinos, fra il tripudio generale della folla.
A 11 anni Diego è il leader delle “cebollitas”, una squadra terribile in grado strapazzare tutti gli avversari e in grado di raccogliere ogni sabato 5.000 spettatori; “El Clarin”, famoso quotidiano argentino, comincia a scrivere sulle doti calcistiche del riccioluto Maradona. Arrivano anche le TV, e la richiesta è sempre la stessa: far palleggiare quel ragazzino con il numero 10.
Diego viene richiesto anche da Pipo Manchena, il Pippo Baudo argentino per intenderci, che lo fa palleggiare in diretta TV nel suo show. Il vero show è, però, in campo, la squadra di Maradona vince 136 partite consecutive.
Maradona ora ha 13 anni, la squadra giovanile del River (che tenta di comprarlo), viene battuta sempre, un sola volta stava per assicurarsi il pareggio ma Maradona scarta 7 avversari e anche questa volta il River perde. I compagni lo adorano, come prendono la palla la passano a lui. I narratori dell’epoca raccontano anche di un goal di mano per cui Diego viene sgridato dall’arbitro e di una violenta litigata con un direttore di gara, Diego ha 14 anni ma la faccia è già tosta e si becca 5 giornate di squalifica.
La fama del ragazzino fenomeno gira per tutta l’Argentina, si scomoda pure Omar Sivori che viene a vederlo di persona e alla fine avrà parole di elogio, e la fama continua a crescere. Maradona conosce pure la sconfitta ora che il calcio si fa più serio, perde la finale nazionale giovanile, piange ma viene consolato da un avversario che gli dice che tanto diventerà il più forte al mondo.
Maradona è conosciutissimo, il River torna alla carica, l’Argentinos per blindarlo gli affitta un appartamento e lui si porta tutta la sua famiglia, ma appena può torna dai suoi amici al quartiere di Villa Fiorito.
Diego a 16 anni conosce l’amore, è Claudia Villafane, la figlia di un suo vicino di casa, la donna della sua vita. Arriva anche l’esordio in prima squadra, il 20 ottobre 1976 Maradona esordisce contro il Talleres, l’esordio con la maglia n. 16 non è eccezionale, Dieguito è un po’ tradito dall’emozione. Le partite per lui facili con le “cebollitas” vengono dimenticate , il calcio dei grandi è durissimo, ma lui pian piano si impone e comincia a segnare iniziando da una doppietta al San Lorenzo.
L’età di Diego ora è 17 ed arriva la precoce convocazione in Nazionale, è Luis Menotti a chiamarlo, lui è emozionatissimo solo nel vedere mostri sacri come Passarella e Kempes. E’ solo un’amichevole con l’Ungheria, lui entra nel secondo tempo con l’Argentina in vantaggio per 3-0. Maradona diventa giocatore anche della Nazionale ma piangerà quando nella lista dei 22 per il mondiale del 1978 resterà escluso perché Menotti a malincuore deve scartare il più giovane dei 5 fantasisiti. Si consolerà scorrazzando e strombettando con il taxi di suo suocero in una Buenos Aires in festa per la vittoria mondiale dell’Argentina.
La rivincita mondiale di Maradona arriva a 19 anni, al mondiale Juniores di Tokyo. Lui è l’autentica stella di un trio di attacco leggendario: Maradona, Barbas, Ramo Diaz. L’Argentina distrugge con vere goleade le rivali: Indonesia, Jugoslavia, Polonia, Algeria, Uruguay e batte 3-1 in finale l’URSS con punizione magistrale di Diego. Tutto il mondo impazzisce per Maradona, lo Sheffield United chiede il prezzo, risposta dell’Argentinos: un miliardo e 200 milioni, gli inglesi si ritirano, ma sarà il Barcellona a portarlo in Europa dopo qualche anno…
Qui, però, inizia la parte più nota della storia, quella che conoscono tutti e che noi vi risparmiamo di raccontare……… per ora!