Il razzismo spiegato ai bambini
Arriva un momento in cui i nostri figli iniziano a fare domande per così dire “difficili”, oppure in cui siamo noi genitori a pensare che sia giunta l’ora di spiegare loro alcune cose. Un esempio lampante di argomenti “spinosi” è senz’altro il tema del razzismo: qual è il modo migliore per rispondere alle domande su colore della pelle, usanze culturali, caratteristiche e differenze fisiche?
Innanzi tutto vorrei partire riportando una storia che mi è capitato di leggere, e che fa sicuramente riflettere:
Papà, mamma e la loro bimba di 5 anni sono in auto, fermi al semaforo rosso; guardando fuori dal finestrino la piccola nota sul marciapiede vicino due bambini di colore che giocano a pallone. Mentre li osserva, incuriosita e affascinata, chiede alla mamma: “Mamma, perché quei bambini sono…”, il papà e la mamma si scambiano uno sguardo d’intesa pensando già “ecco l’inevitabile domanda sul colore della pelle”: ne hanno spesso discusso, condannano il razzismo e perciò sono pronti a rispondere. Si rivolgono di nuovo alla loro figlia che conclude la sua domanda dicendo “… sono senza le scarpe?”. Il papà e la mamma si guardano, sorpresi e senza parole.
In questo racconto è racchiuso il senso del razzismo in quanto dimensione culturale: la bambina vede solo i piedi senza scarpe e non il colore diverso della pelle, questo perché nessuno nasce razzista, lo si può diventare con il tempo in relazione all’ambiente in cui si vive, all’educazione che si riceve, al modo i cui dubbi e curiosità vengono accolti e spiegati da chi ci sta intorno. I bambini ascoltano i discorsi dei grandi e tengono conto delle loro valutazioni, osservano i loro comportamenti e imparano gli atteggiamenti da tenere nei confronti di persone diverse per razza, religione, provenienza regionale, etc.
Il loro interesse al momento della scoperta delle differenze è forte, proprio per questo ciò che un adulto risponde per dare senso a certe disuguaglianze e per rispondere alle domande dei più piccoli, non è irrilevante e ha buone probabilità di lasciare il segno: tale segno potrà essere positivo o negativo a seconda della risposta ricevuta, e sicuramente le spiegazioni da dare variano anche in base all’età:
Da 3 a 6 anni
È la fase del piccolo che scopre il mondo: il bimbo è incuriosito da ciò che è diverso da lui. E’ possibile spiegare, con l’aiuto di disegni o foto, che gli occhi a mandorla e la pelle scura sono caratteristiche naturali fra esseri umani, esattamente come in natura una zebra ha forme e colori diversi da un ippopotamo.
Da 7 a 11 anni
Bisognerebbe invogliare il bambino ad aprirsi alla diversità, ad esempio sfogliando un atlante o guardando insieme un mappamondo e facendolo viaggiare con la fantasia in Paesi lontani, dei quali potreste raccontare alcune usanze particolari o cibi caratteristici: ne sarà affascinato.
Dopo i 12 anni
Ai più grandi si può parlare chiaramente di razzismo, sottolineando che è importante non generalizzare classificando ad esempio tutte le persone provenienti da un certo Paese come “tutti ladri”, o simili; inoltre è importante fargli comprendere che, anche se non siamo d’accordo con certe usanze, non possiamo criticare popoli e religioni senza conoscerli nel profondo.
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