Giorgio Chinaglia il Long John del calcio
Quando la Lazio, agli inizi degli anni settanta, lo acquista dall’Internapoli, sono davvero in pochi a credere che quel gigante un po’ sgraziato possa dare una mano alla squadra, in quel periodo in perenne altalena tra serie A e B. Ed in effetti dopo una prima stagione promettentissima con 12 reti all’attivo, nel suo secondo campionato in maglia biancoceleste Giorgio Chinaglia delude, come il resto della truppa, che nonostante le sue 9 reti retrocede di nuovo nella serie cadetta.
La stagione successiva però, con Tommaso Maestrelli in panchina, l’anatroccolo sboccia definitivamente in cigno, e non certo per bellezza ed armoniosità dei suoi gesti tecnici, che restano un po’ grezzi, ma per la sua assoluta efficacia sotto porta, che con 21 reti lo porta a conquistare il titolo di capocannoniere della serie B, tanto da guadagnarsi la convocazione in Nazionale, primo cadetto a strappare un simile riconoscimento (succederà di nuovo con Collovati negli anni 80’). Da lì in poi nessuno sembra poterlo frenare, se non la sua stessa voglia di stupire, di andare sempre oltre il limite, dentro e fuori dal campo.
Nel 1972-73 la Lazio, neopromossa, sfiora lo scudetto perdendolo soltanto all’ultima giornata quando Damiani a tre minuti dalla fine la beffa a Napoli; il titolo va alla Juventus ma l’appuntamento è solo rimandato perché l’anno dopo i biancocelesti, trainati proprio da Chinaglia, ormai diventato Long John, superano la concorrenza dei bianconeri e si aggiudicano il loro primo tricolore (1973-74). Giorgio è capocannoniere con 24 reti davanti a gente del calibro di Boninsegna, Pulici, Rivera e Riva e si conquista la convocazione per i Mondiali in Germania. In campo Chinaglia è una forza della natura, segna di destro, di sinistro, su rigore e su punizione, usando soprattutto la sua potenza e la sua progressione. Proprio la sua andatura caracollante, con la testa quasi insaccata in mezzo alle spalle, a mo’ di carica, gli vale il soprannome di “gobbo” con il quale i tifosi avversari cercano di offenderlo, riuscendo invece ad infondergli ancora più forza e determinazione.
Giorgio Chinaglia il Long John del calcio
Del resto la rabbia di Chinaglia viene da lontano, dai tempi dell’infanzia, trascorsa non certo tra guanciali profumati e comode abitudini, in Galles, a Cardiff, dove arriva da emigrante ed alterna gli allenamenti con il lavoro di cameriere e lavapiatti nel ristorante di famiglia. Gli inizi nello Swansea non sono tutte rose e fiori, Giorgio è troppo focoso, viene presto etichettato come una “testa matta”, e dopo tre stagioni travagliate tra il 1964 ed il 1966 decide di tornare in Italia per compiere il servizio militare e tentare seriamente la carriera agonistica. Prima del grande salto gioca nelle serie minori con la Massese (lui è nativo di Carrara) e poi come detto nell’Internapoli dove lo scova la Lazio.
A Roma Chinaglia diventa letteralmente un idolo, un vero capopopolo, un trascinatore; in lui i tifosi della Lazio trovano la forza per tornare ad essere fieri della propria squadra, per rialzare la testa dopo anni bui in una città nella quale, nonostante non arrivino successi particolari neanche dall’altra parte, i giallorossi la fanno da padroni. Il mito si compie, oltre che con la conquista dello scudetto, proprio nelle stracittadine, durante le quali il poderoso centrattacco sfida direttamente gli storici avversari dentro e fuori dal rettangolo verde. La corsa sotto la curva Sud, tempio giallorosso, con il dito indice rivolto verso l’alto, resta l’icona assoluta della sua caparbietà e sfrontatezza.
L’idillio però dura poco; la sua passione per gli USA (accentuata dall’aver sposato una donna americana), le continue critiche dell’opinione pubblica che gli si scaglia contro anche in maniera un po’ ipocrita e provinciale, tipica di quegli anni, dopo il “vaffa” in diretta televisiva nei confronti del Ct azzurro Valcareggi, reo di averlo sostituito durante la gara contro Haiti ai Mondiali tedeschi del 74’, ed i continui scherni nei suoi confronti e dei suoi cari da parte dei tifosi rivali, lo allontanano da Roma e dalla Lazio.
La malattia di Maestrelli, suo padre putativo ed unico in grado di calmarne gli impeti e le sfuriate, che induce la società ad affidare la guida tecnica all’emergente e rigido allenatore Corsini con il quale Long John entra da subito in conflitto, fa il resto; e così, con il campionato 1975-76 ancora in corso e con la Lazio in piena zona retrocessione, Chinaglia va in America e ci resta, scritturato dai Cosmos di New York, squadra di globetrotter guidata in campo da personaggi del calibro di Pelè e Beckenbauer. Negli Usa vince cinque campionati e per cinque volte il titolo di capocannoniere segnando valanghe di reti e surclassando in popolarità ogni avversario o compagno di squadra.
L’amore per la sua Lazio e la sua voglia di rivalsa verso un ambiente che lo aveva in qualche modo allontanato per la seconda volta, lo portano a tornare in Italia, da Presidente, all’inizio degli anni 80’. Alcune “major” americane che in un primo momento sembrarono assicurargli il necessario sostegno economico, però non lo seguono e lui presto si ritrova solo, pieno di debiti e sull’orlo del fallimento. La squadra dopo due stagioni sofferte nella massima serie precipita di nuovo in B e Chinaglia è costretto a lasciare il club tornandosene in America con una valigia di rimpianti e promesse non mantenute.
Chinaglia però vanta ancora un grande appeal sul pubblico, che negli anni d’oro l’ha portato perfino in vetta alle classifiche di vendita dei dischi con la sua orecchiabilissima “Football Crazy” (colonna sonora del film L’arbitro, interpretato da Lando Buzzanca) e si ricicla come brillante opinionista e “seconda voce” (è tra i primi ad interpretare il ruolo), prima sulle reti commerciali, e poi in Rai.
La sua parabola si chiude in maniera malinconica nella seconda metà degli anni 2000 quando, a seguito di vicende mai del tutto chiarite, è coinvolto nel tentativo di scalata alla Lazio da parte di un fantomatico gruppo ungherese legato al clan camorristico dei Casalesi; Chinaglia viene colpito da un mandato di arresto per riciclaggio nel 2008 e muore la mattina del 1 aprile 2012 nella sua casa di Naples in Florida a seguito di un infarto.
Per i tifosi della Lazio resta un mito incancellabile, nonostante i “tradimenti” e le guasconate, e così lo ricordano salutandolo idealmente il giorno di Lazio – Napoli del 7 aprile 2012 al vecchio motto di “Giorgio Chinaglia, il grido di battaglia”. Lo scorso anno, grazie all’iniziativa dei figli, dei tifosi e della famiglia Maestrelli, la sua salma è stata riportata in Italia e riposa nel cimitero di Prima Porta accanto a quella del suo maestro.
Giorgio Chinaglia – Football Crazy
Qualche numero su Giorgio Chinaglia
- Nato a Carrara il 24 gennaio1947 e morto a Naples (USA) il 1º aprile 2012
- E’ il giocatore italiano con la miglior media reti segnate / incontri di campionato disputati (319 in 429 partite tra Serie A e NASL).
- È il calciatore con il maggior numero di reti realizzate nelle competizioni internazionali con la maglia della Lazio: 29.
- Con la Lazio totalizza 175 presenze e 77 reti in Serie A, 34 presenze e 21 reti in Serie B e 37 presenze e 24 reti nelle coppe.
- In 9 anni di NASL mette a segno 231 gol in 234 partite, di cui 53 in 43 incontri di play-off.
- Vince il premio come miglior marcatore della NASL per cinque volte, tra il 1976 e il 1982.
- Giudicato miglior giocatore del torneo nel 1981, coi Cosmos vinse quattro Soccer Bowl nel 1977, 1978, 1980 e 1982. Nei play-off del 1980 Chinaglia segnò 18 gol, sette dei quali nella gara contro i Tulsa Roughnecks.
- Nazionale. All’esordio con la maglia azzurra segna subito un gol nel match amichevole contro la Bulgaria, disputatosi il 21 giugno del 1972 a Sofia. In tutto realizza 4 reti in 14 partite.
- Il 14 novembre 1973, nella gara amichevole Inghilterra-Italia, giocatasi allo Stadio di Wembley, serve a Fabio Capello l’assist vincente dell’1-0 per la prima storica vittoria dell’Italia sugli inglesi.
- Nel gennaio 2011 diviene ambasciatore insieme a Carlos Alberto dei Cosmos, sua ex squadra, con l’obiettivo di rilanciare la società insieme al presidente Pelé e al direttore tecnico Eric Cantona.