Gianni Rivera, l’abatino del Diavolo
Nonostante le politiche revisioniste che all’interno dell’attuale dirigenza lo hanno allontanato dalla quotidianità del club, posponendolo persino nelle classifiche storiche a miti più recenti come Paolo Maldini, Franco Baresi o Marco Van Basten, per chi ha qualche anno in più e ha vissuto in tutto o in parte la sua epopea, il calciatore più forte di tutti i tempi del Milan è stato e resta Gianni Rivera.
Nato a Valle San Bartolomeo, sobborgo di Alessandria, il 18 agosto del 1943, Rivera muove i primi passi da calciatore proprio nel club dalla maglia grigia, imponendosi subito all’attenzione di addetti ai lavori e appassionati. In mezzo al campo infatti sfodera un’intelligenza fuori dal comune, sembra sapere prima dove arriverà il pallone e dove piazzarlo, alternando tocchi leggeri a lanci lunghissimi e calibrati. Debutta in Serie A il 2 giugno del 1959 contro l’Inter, non ancora sedicenne, tanto che l’Alessandria per farlo giocare si vede costretta a chiedere un permesso speciale alla Federazione.
Gianni Rivera, l’abatino del Diavolo
E’ ancor oggi il debuttante più giovane in serie A dopo Amadeo Amadei che in precocità è il solo a precederlo anche a livello di realizzazioni; per Rivera il primo goal arriva il 25 ottobre 1959, in Alessandria-Sampdoria 2-2. L’Alessandria nonostante le sei reti di Rivera precipita comunque in Serie B ma Gianni ormai è già Golden Boy, viene premiato con il Premio De Martino quale miglior giovane del campionato e passa al Milan che brucia la concorrenza di Inter e Juventus, per 130 milioni di lire, più Migliavacca e il prestito di Bettini.
L’inizio non è dei più facili: il fisico non è ancora pronto per gli alti livelli e lo spostamento all’ala destra operato da Gipo Viani non gli giova. Nel campionato 1961-1962 però arriva Nereo Rocco sulla panchina rossonera e Rivera risulta decisivo nella conquista dello scudetto. Piazzato dal “Paron” alle spalle degli attaccanti con compiti di regia, garantisce alla squadra, fondata su una difesa ermetica, un efficace e spettacolare gioco offensivo, costituendo in coppia con il brasiliano Dino Sani, il trampolino di lancio ideale per José Altafini. Nel 1962 arrivano anche le prime convocazioni in Nazionale e la consacrazione sembra definitiva con la vittoria del Milan in Coppa dei Campioni nel 1963: i rossoneri rimontano il Benfica andando a rete due volte, in contropiede, su rilanci di Rivera, e il nostro protagonista arriva secondo nella classifica del Pallone d’Oro alle spalle del portiere russo Lev Jašin.
Poi però il Milan inanella una serie di stagioni tra alti e bassi ed anche Rivera non è da meno; tuttavia nel 1966-1967 indossa per la prima volta la fascia di capitano e realizza ben dodici reti, toccando il suo record personale. Con l’avvento alla presidenza del giovane Franco Carraro, che riporta Rocco in panchina, l’”Abatino” come ama sbeffeggiarlo il mitico giornalista Gianni Brera, non un suo grande ammiratore, viene totalmente responsabilizzato assumendo il ruolo e la parte di unico uomo-guida. Rivera viene chiamato a sostenere un attacco formato da Hamrin, Sormani e dal giovane Pierino Prati, capocannoniere al debutto in A, con cui trova un’ottima intesa. Per lui arrivano altre 11 reti e c’è chiaramente la sua firma in calce allo scudetto 1967-1968. Ormai Rivera è un asso a livello internazionale, come conferma nella splendida cavalcata dell’anno successivo quando il Milan conquista nuovamente la Coppa dei Campioni piegando in finale l’Ajax con un perentorio 4-1; due reti, la seconda e la quarta, scaturiscono dal suo talento, e quando nell’ottobre dello stesso anno il Milan vince anche l’Intercontinentale a Buenos Aires contro i picchiatori dell’Estudiantes, viene dato il sigillo alla prima storica affermazione di un calciatore italiano nel Pallone d’Oro, che France Football gli assegna il 22 dicembre 1969. Il presidente della giuria, il giornalista Max Urbini, motivò l’assegnazione dichiarando: “Il riconoscimento premia il talento calcistico allo stato puro. Rivera è un grande artista che onora il calcio”.
Nel 1970 è protagonista suo malgrado in Nazionale della “staffetta” con l’eterno rivale Sandro Mazzola; ai Mondiali realizza lo storico goal del 4-3 nell’epica partita di semifinale contro la Germania a Città del Messico, ma poi in finale contro il Brasile Valcareggi lo utilizza per soli 6 minuti scatenando polemiche ancora oggi non del tutto sopite.
Nel marzo del 1972 rimedia quasi quattro mesi di squalifica per pesanti insinuazioni nei confronti del selezionatore arbitrale Giulio Campanati, mentre nel 1973, con il Milan che perde lo scudetto all’ultima giornata nella “fatal Verona” (sconfitta al Bentegodi per 5-3), si scaglia contro l’arbitro Concetto Lo Bello al termine della gara persa all’Olimpico contro la Lazio. Lui e il Milan si consolano con l’accoppiata Coppa delle Coppe – Coppa Italia e con il titolo di capocannoniere, che Rivera ottiene realizzando ben 17 reti come Pulici e Savoldi, centravanti di mestiere: era dalla stagione 1946-1947, quando aveva primeggiato Valentino Mazzola, che un centrocampista non arrivava a tanto.
Nella stagione successiva Rivera entra in aperta polemica con il presidente del Milan Albino Buticchi, reo di aver esonerato Nereo Rocco, e la situazione peggiora l’anno successivo quando il proprietario della società cerca di venderlo al Torino in cambio di Claudio Sala. In lite anche con il nuovo tecnico Giagnoni, Rivera annuncia addirittura il ritiro dal calcio, tornando sui suoi passi qualche mese dopo, e, primo e finora unico caso del genere in Italia, il tentativo di comprare di fatto la società tramite l’imprenditore Vittorio Duina.
Nel 1978-79 coincidono la conquista della stella per il decimo scudetto vinto e l’ultima stagione da calciatore di Rivera, che con Nils Liedholm in panchina viene riportato sulla trequarti e contribuisce alla vittoria del titolo con 13 presenze, una rete ed un considerevole numero di assist. L’ultima partita ufficiale disputata è Lazio-Milan 1-1 del 13 maggio 1979, sua 501ª presenza in Serie A. Complessivamente nella massima serie conta 527 gare con 128 reti, che diventano 170 in 684 partite comprendendo anche le Coppe nazionali ed internazionali. In maglia azzurra dal 1962 al 1974 totalizza 60 gettoni con 14 reti. Vince il titolo europeo del 1968 anche se assente in finale per infortunio, ed è vicecampione del mondo nel 1970. Il 14 novembre 1973 prese parte alla prima vittoria degli azzurri in casa dell’Inghilterra; l’anno successivo disputò la sua ultima gara in Nazionale, ai Mondiali del 1974, contro l’Argentina, venendo poi nuovamente escluso da Valcareggi nello scontro decisivo per l’eliminazione contro la Polonia
In più occasioni Rivera denunciò le ingerenze della stampa nelle vicende della Nazionale azzurra. Spiegò nel 2003: “Il mio rapporto con la Nazionale è stato abbastanza complicato perché quando giocavo io la formazione della Nazionale era fatta da una “cupola” giornalistica che aveva a capo Gualtiero Zanetti, il direttore della Gazzetta dello Sport; il Milan allora non aveva peso politico, non aveva rapporti con questa struttura, queste ingerenze mi sono sempre sembrate fuori luogo e non l’ho mai nascosto. Ma Zanetti era un vero “Federale”, e uso il termine come si usava nel Ventennio: diciamo che non gradiva il dissenso. E me l’ha fatta pagare finché ha potuto”.
Lo stesso giorno del ritiro di Rivera da calciatore, il presidente del Milan Felice Colombo ne annunciò la nomina a vice presidente, ruolo che mantenne fino al 1987. Con l’arrivo di Silvio Berlusconi, suo futuro avversario politico, nel 1986, con la società ad un passo dal fallimento, l’ex capitano rossonero rimase al suo posto ancora per un breve periodo, per poi lasciare irrevocabilmente la carica a ventisei anni dall’arrivo al Milan: “Volevo essere parte integrante della società a cui avevo dedicato quasi tutta la mia carriera. Quando atterrò Berlusconi, mi fecero capire che per me non c’era più spazio, e cambiai mestiere”.
Nel 1987 intraprese così la carriera politica e venne eletto in diverse legislature (prima nella Democrazia Cristiana e poi in partiti dell’area Centro-Sinistra), ricoprendo l’incarico di sottosegretario alla Difesa nei governi Prodi I, D’Alema I e II ed Amato II.
Nel 2010 è stato chiamato dal presidente della Federazione Giancarlo Abete a presiedere il Settore Giovanile e Scolastico della FIGC e dal 2013 è alla guida del Settore Tecnico di Coverciano.
Occupa la 20ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX Secolo pubblicata dalla IFFHS ed è considerato uno dei migliori giocatori italiani di sempre e uno dei più grandi numeri 10 della storia del calcio. Nel 2004 è stato inserito nel FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi,selezionata da Pelé e dalla FIFA in occasione del centenario della federazione, e nel 2013 è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano. È il 10º calciatore più presente e il 41º più prolifico (primo tra i centrocampisti) in Serie A.