Fausto Coppi: il Campionissimo

I più forbiti cantandone le gesta lo definirono un Airone, per via di quella cassa toracica cosi grande, le braccia lunghe e quel naso a fendere l’aria durante le faticose salite su impervie montagne; per i francesi, gli stessi che “s’incazzavano” per le sue imprese, come narra il grande Paolo Conte nella bellissima canzone dedicata a Gino Bartali, suo eterno rivale, era sciovinisticamente Fostò; per tutti gli altri, gli appassionati di ciclismo, i suoi tifosi, l’italiano medio, è stato e resta il CAMPIONISSIMO. Un superlativo assoluto che da solo spiega a chi non lo conoscesse, quale grandezza e fama raggiunse quello che, senza tema di smentita, è universalmente riconosciuto come il più forte ciclista italiano della Storia, ed uno fra i primi tre del mondo: Fausto Coppi.

Gli inizi, la guerra e i primi record

Angelo Fausto Coppi nasce a Castellania il 15 settembre del 1919; inforca da subito la bicicletta con la quale da ragazzino consegna il pane per la salumeria presso la quale lavoricchia come garzone; comincia a disputare qualche gara dilettantistica, viene notato e diventa professionista alla soglia dei vent’anni grazie alle “cure” di Biagio Cavanna, massaggiatore non vedente, vero  “santone” del ciclismo dell’epoca, che gli resterà vicino per tutta la carriera divenendone quasi un secondo padre.

La sua prima squadra è la Legnano, capitanata proprio da Gino Bartali. Nel 1940 all’esordio al Giro d’Italia, Coppi stupisce tutti e s’impone all’attenzione del Paese: con Bartali senza speranze per la vittoria finale, a causa di una caduta nelle prime tappe, Fausto ha via libera dalla squadra e lui sfrutta l’occasione in maniera fragorosa, trionfando nella tappa Firenze-Modena al termine di una lunghissima fuga sotto il diluvio; l’impresa gli vale la maglia rosa che resta saldamente sulle sue spalle fino al termine del Giro, divenendone il più giovane vincitore.

Dotato di grandissime risorse atletiche e di grande forza, il giovane Coppi, due anni dopo, stabilisce il record dell’ora su pista al Velodromo Vigorelli di Milano; la sua fama comincia a varcare i confini e nulla sembra poterlo fermare; ma la guerra incombe e lui ne è travolto appieno; arruolato in Fanteria, viene fatto prigioniero in Africa, terra che ne segnerà inesorabilmente il destino qualche anno dopo. Gli inglesi tuttavia  gli concedono alcune ore di allenamento e così agli inizi del 1945, tornato in Italia, di stanza a Roma, si tessera, insieme al fratello Serse, con la sezione ciclismo della Polisportiva Lazio; e subito ricomincia a  vincere, aggiudicandosi sei gare prima di tornare definitivamente al Nord alla fine del conflitto.

Da un biancoceleste all’altro, nel 1946 Coppi firma per la Bianchi, la squadra più importante della sua carriera. Con la nuova maglia fa subito sua la Milano-Sanremo con una delle sue proverbiali fughe: il secondo classificato arriva con un distacco di 14 minuti! Niccolò Carosio, che trasmetteva la cronaca via radio, annunciò: “primo Fausto Coppi. In attesa degli altri corridori, trasmettiamo musica da ballo“… Vince anche il Giro di Lombardia ed altre grandi classiche in Italia ed all’estero.

Nel 1947, con Serse come gregario, conquista di nuovo il Giro d’Italia mentre nel 1948 centra la seconda accoppiata Sanremo – Lombardia. La sua popolarità cresce e Coppi approda anche al cinema interpretando se stesso in “Totò al giro d’Italia”, film diretto da Mario Mattoli.

Fausto Coppi e Totò

Le vittorie, gli infortuni e le imprese

Il 1949 è l’anno della definitiva consacrazione a livello internazionale; terza doppietta Sanremo – Lombardia e terzo trionfo al Giro: nella corsa rosa compie la sua impresa più nota nella durissima tappa Cuneo-Pinerolo che chiude, con 12 minuti di vantaggio su Bartali, dopo 192 chilometri di fuga in solitario e dopo aver superato le cime Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Colle del Sestriere. Coppi è in forma strabiliante, nel pieno della maturità agonistica, ed al primo tentativo conquista anche il Tour de France: mai nessuno prima di allora era riuscito a vincere le due più importanti corse del vecchio continente nella stessa stagione! Anche al Mondiale di Copenaghen riesce a farsi valere e nonostante un tracciato non adatto alle sue caratteristiche si piazza terzo alle spalle di Van Steenbergen e Kübler.

Il 1950, iniziato nel modo migliore con la conquista della Parigi-Roubaix e della Freccia Vallone, è purtroppo un anno nero per il nostro; a seguito di una brutta caduta al Giro, Coppi si procura una tripla frattura del bacino che lo costringe fuori per tutto il resto della stagione. Nel 1951 le cose peggiorano: suo fratello Serse cade al termine del Giro del Piemonte e muore; Fausto, dopo un buon Giro, partecipa quasi controvoglia al Tour che non gli riserva giornate di gloria.

Fausto e Serse Coppi

Il 1952 è un altro anno magico: il Campionissimo, ormai è tempo di chiamarlo così, ripete la fantastica impresa del 49’ accoppiando Giro e Tour. Sul Colle del Galibier viene scattata la foto di un’epoca: Carlo Martini immortala un passaggio di borraccia tra i due grandi rivali Coppi e Bartali; entrambi, tra il serio ed il faceto, anche in trasmissioni televisive degli anni successivi (il “Musichiere” su tutte)  rivendicarono di aver “aiutato” l’amico-nemico in difficoltà. L’Italia in quegli anni, di difficile e faticosa ripartenza dopo la Guerra, è letteralmente spezzata in due tra “coppiani” e “bartaliani”, quasi fosse una guerra di religione; chi è con l’uno non può non essere contro l’altro, aldilà della naturale ed intrascurabile ammirazione, magari tenuta segreta, per le rispettive grandezze.

Gino Bartali e Fausto Coppi

L’anno seguente è di nuovo in rosa a Milano (sarà l’ultimo trionfo per lui al Giro) ma soprattutto conquista finalmente il Campionato del Mondo su strada: sul difficile circuito di Lugano, Coppi prende il largo piegando la resistenza del belga Germain Derycke, preceduto di ben 6 minuti!

Nel 1954 si aggiudica il quinto Giro di Lombardia (record assoluto) ma di fatto imbocca il viale del tramonto, anche se l’anno successivo è ancora capace di vincere il suo quarto Campionato italiano su strada e si piazza secondo al Giro (la vittoria va a Fiorenzo Magni per soli 13 secondi) e nella Parigi-Roubaix. Coglie la sua ultima affermazione in una corsa in linea al Giro dell’Appennino, anche se l’ultima vittoria arriva due anni dopo, nel 57’ nella cronometro del Trofeo Baracchi in coppia con Ercole Baldini.

La malaria e la morte

Nel 1959 si ritrova con Bartali, ormai ritiratosi da anni, che gli chiede di fare il capitano della sua neonata “San Pellegrino“: dopo vent’anni i due si ritrovano sotto gli stessi colori, alfa ed omega di una carriera inarrivabile, seppure minata ed avversata da infortuni e sventure che ne hanno intaccato un palmares comunque fantastico. Ma quest’ultima avventura agonistica non partirà mai… Subito dopo, nel dicembre dello stesso anno, Coppi partecipa con alcuni amici ciclisti francesi, fra i quali Géminiani ed Anquetil, ad una corsa nell’Alto Volta, attuale Burkina Faso, e nei giorni successivi prende parte a una battuta di caccia; in quell’occasione contrae la malaria che gli sarà fatale.

Al ritorno in Italia è assalito da febbre altissima, nausea e brividi; i medici sbagliano la diagnosi pensando ad una fortissima forma d’influenza; Coppi non reagisce positivamente agli antibiotici e cortisonici che gli vengono somministrati dal dottor Allegri e dal professor Astaldi, primario dell’ospedale di Tortona presso il quale viene ricoverato d’urgenza, ed entra in coma il primo gennaio del 1960.

Viene colpevolmente ignorata la telefonata della moglie e del fratello di Géminiani dalla Francia: anch’egli colpito da malaria viene curato con il chinino e migliora fino a guarire; Coppi invece muore alle 8,45 del 2 gennaio del 60’ poco più che quarantenne.  Al funerale partecipano decine di migliaia di persone e tutto il mondo del ciclismo. Il passaggio nel mito, percorso nel quale la scomparsa prematura ed in circostanze misteriose o particolarmente tragiche è una tappa fatale, è compiuto.

Coppi muore per malaria nel 1960 

Un campione fuori dal comune

Dal fisico apparentemente poco atletico, Coppi era dotato di una notevole agilità muscolare e di un sistema cardiorespiratorio fuori dal comune (capacità polmonare di oltre 7 litri e 32 pulsazioni cardiache/minuto a riposo), qualità che ne esaltavano la resistenza sotto sforzo. La struttura ossea molto fragile e le ripetute fratture lo costrinsero tuttavia a pause forzate durante l’intero arco d’attività.

Coppi vinse complessivamente 122 corse in carriera. Indossò per 31 giorni la maglia rosa e per 19 giorni la maglia gialla, vinse cinque volte il Giro d’Italia  e due volte il Tour de France; cinque le affermazioni al Giro di Lombardia,  tre vittorie alla Milano-Sanremo, ed un successo alla Parigi-Roubaix ed alla Freccia Vallone. Campione del mondo su strada nel 1953 e su pista nell’inseguimento nel ’47 e nel ’49; primatista dell’ora (45,798 km) dal 1942 al 1956.

Le vicende sentimentali

Famosissima la sua vicenda sentimentale che lo vide al centro di un vero e proprio scandalo che lo segnò profondamente; anche in questo caso l’opinione pubblica si spaccò, i giornali non lesinarono commenti al vetriolo e pubbliche condanne morali (cui seguirono anche quelle giudiziarie), all’insegna di un perbenismo un po’ ipocrita che adesso ci farebbe sorridere ma che al tempo scomodò persino Papa Pio XII  che giunse a “condannarlo” apertamente.

Durante la Tre Valli Varesine del 1948, infatti, conosce Giulia Occhini, moglie del dr. Locatelli, medico condotto di Varano Borghi, e se ne innamora, instaurando con lei una relazione extraconiugale. La Occhini qualche anno dopo diviene la “Dama Bianca” per il colore del montgomery che spesso indossa.  La loro clandestina storia d’amore, viene resa pubblica nel giugno del ’53. Coppi e la moglie Bruna Ciampolini (da cui aveva avuto la figlia Marina, nata l’11 novembre 1947) si separarono consensualmente nel 1954, mentre il Locatelli denunciò la moglie per adulterio e la stessa, in attesa del processo, conobbe per quattro giorni l’onta del carcere! A Coppi venne ritirato il passaporto.

Il campione venne condannato a due mesi di reclusione e la Occhini a tre, ma entrambi usufruirono della sospensione condizionale della pena. Sposati in Messico (matrimonio mai riconosciuto in Italia), misero alla luce un figlio, Angelo Fausto detto Faustino, nato a Buenos Aires il 13 maggio 1955.

Fausto Coppi e la Dama Bianca

Concludiamo con una suggestione, chiudendo gli occhi ed immaginando di stare in trepida attesa, nel tinello di casa, la famiglia riunita intorno alla radio, di quelle in legno, voluminose, con le manopole marroni, che adesso troviamo soltanto nei musei o in casa di qualche vecchio collezionista… all’improvviso arriva una voce che taglia il tempo, supera lo spazio e ci immerge nella contesa, ci fa sentire partecipi dell’impresa, l’ennesima: è la voce di Mario Ferretti che irrompe nella nostra casa e scandisce una frase secca, asciutta, essenziale, che mette i brividi … “Un uomo solo è al comando; la sua maglia è bianco-celeste; il suo nome è Fausto Coppi”.

Fausto Coppi – colonna sonora di Gino Paoli

A cura di Giampiero

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Giampiero Giuffré

Giampiero Giuffè: bancario per necessità ma non per vocazione, si butta a capofitto nel mondo radiotelevisivo alla fine degli anni 90′ e per 7 anni conduce su RadioSpazioAperto, insieme al fratello Simone, prima The Football Box, La Scatola del Calcio, dedicata al calcio internazionale, e poi BZona, Allenatori nel Pallone, trasmissione semiseria sul mondo del calcio e del fantacalcio. Appassionato tifoso laziale collabora come redattore o caporedattore con vari siti; dedito anche alla musica caraibica e latina in genere, la balla e ne scrive. In questo blog segue, per ora, la categoria I Miti dello Sport. Blog personale: www.ggromanews.it

Giampiero Giuffré

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