Emanuela Orlandi: un mistero nel cuore dello Stato del Vaticano
La sparizione di Emanuela Orlandi è ancora oggi a distanza di 32 anni, un mistero. La richiesta della procura di Roma di archiviare le indagini sulla sparizione di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori lascia sbigottiti. Ecco una ricostruzione di come si sono svolti i fatti dal 1983 a oggi ed i tanti misteri che avvolgono la vicenda nel cuore dello Stato del Vaticano.
Emanuela Orlandi: un mistero nel cuore dello Stato del Vaticano
Il 22 giugno del 1983 Emanuela Orlandi aveva 15 anni. Amante del canto e del flauto traverso, era una bellissima ragazza con occhi dolci e capelli lunghi e neri. Alle 16.30 era uscita di casa per andare a suonare.
Il suo tragitto è quello all’interno dello Stato Vaticano. Sì perché il papà Ercole Orlandi è il maggiordomo del papa ed è praticamente nato in Vaticano; discende da una famiglia che lavora per la Santa Sede dai tempi di Pio XI. La sua abitazione è in largo Sant’Egidio a due passi dalla sede dell’Osservatore Romano e dalla caserma della guardia svizzera.
Emanuela quel pomeriggio varca la porta di Sant’Anna e si lascia alle spalle il Vaticano per entrare a Roma. Prende il bus 64 per scendere all’incrocio tra corso Vittorio Emanuele e corso Rinascimento e arriva presso la scuola di musica Tommaso Ludovico da Victoria, un edificio vaticano che gode i benefici dell’extraterritorialità. Segue la lezione. Durante il tragitto viene fermata però da uno sconosciuto che le fa una proposta allettante: distribuire cosmetici della Avon presso il palazzo Borromini nel corso di una sfilata di moda. Il compenso pattuito è di 350 mila lire. Una somma spropositata per un impegno di poche ore.
Attratta dalla proposta Emanuela accetta. Lo confermerà una sua amica, Raffaella Monzi, e la sorella Natalina Orlandi che risponde al telefono di casa alle 19, quando Emanuela chiama per chiedere il permesso alla madre per andare a lavorare a questa sfilata. La madre in quel momento non è in casa, ma è la sorella ha dirle di non fidarsi di questo sconosciuto che propone di guadagnare soldi in un modo troppo facile. Emanuela le risponde di non preoccuparsi e che è tutto sotto controllo.
Alle 19 dopo essere uscita dalla scuola di musica Emanuela aspetta il datore di lavoro, a cui deve dare una risposta, in compagnia di Raffaella che però stanca di aspettare saluta l’amica e va via. Avrà il tempo di vedere o di credere di vedere una ragazza dai capelli ricci avvicinarsi a Emanuela e parlare con lei. Parcheggiata lì vicino c’è una vecchia BMW verde guidata da un uomo: potrebbe essere l’amico della ragazza oppure il fantomatico datore di lavoro? Raffaella questo non lo sa e nemmeno i testimoni che erano lì vicino sono in grado di ricostruire quello che successe subito dopo.
La sera del 22 giugno 1983 Emanuela Orlandi scompare
Dopo una nottata trascorsa dai genitori in giro per Roma alla ricerca della figlia, si comincia a pensare ad una fuga d’amore. L’ipotesi però cade in fretta. Gli Orlandi non sono ricchi, Ercole ha uno stipendio di dipendente del Vaticano, per cui cade anche l’ipotesi di sequestro di persona.
Lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi e l’amico Giulio Gangi, coadiutore al SISDE, fanno pubblicare dai quotidiani romani un comunicato che dice “Chi ha visto Emanuela? – Dalle ore 19.15 del 22 giugno si sono perse le tracce di Emanuela Orlandi, 15 anni vista per l’ultima volta da due compagne di scuola in corso Rinascimento, di fronte al Senato. Emanuela è altra 1 metro e 65, corporatura snella, occhi marroni, capelli castano-scuri lunghi. Indossa pantaloni jeans con bretelle, camicetta bianca, e ha una borsa di cuoio e un astuccio nero dove tiene un flauto. Chi l’avesse vista o ne avesse notizie, può telefonare al numero 69.84.982“.
Tra le tante chiamate di mitomani, quella di un certo Pierluigi riaccende un filo di speranza. Pierluigi sostiene di aver visto Emanuela in pieno centro mentre vendeva collanine e prodotti Avon. Sempre secondo questo Pierluigi, Emanuela si sarebbe fatta chiamare “Barbarella“, e avrebbe confessato di essersene andata da casa in cerca di avventure aggiungendo che sarebbe tornata dai suoi genitori non appena passata l’estate.
La telefonata di un secondo testimone chiamato Mario, conferma quanto detto da Pierluigi.
La domenica del 3 luglio 1983 la sparizione di Emanuela Orlandi diventa un affare di Stato, Papa Giovanni Paolo II ne parla apertamente durante l’Angelus: “Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi la quale nell’afflizione per la figlia Emanuela, di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso. Elevo al Signore la mia preghiera perché Emanuela possa presto ritornare incolume ad abbracciare i suoi cari che l’attendono con strazio indicibile. Per tale finalità invito anche voi a pregare“.
Per ben otto volte il Papa parlerà di Emanuela, quello che però lascia stupiti i media è la parola “responsabilità” nelle frasi del Santo Padre: ad intendere un vero e proprio sequestro di persona. Come se il Papa conoscesse in anticipo dove si sarebbero potuti cercare i rapitori di Emanuela Orlandi.
Dopo alcuni giorni le telefonate per dare notizie su Emanuela aumentarono, e questa volta dall’altra parte non c’erano più anonimi passanti colpiti da ragazze che potevano somigliare ad Emanuela, ma uomini con accenti esotici che offrivano la liberazione della Orlandi in cambio di quella di Mehmet Alì Agca, l’attentatore del Papa.
In questo periodo salgono agli onori delle cronache le telefonate di un personaggio ribattezzato “l’Americano“. Secondo questo uomo Emanuela sarebbe stata rapita da un’organizzazione criminale vicina ai Lupi Grigi non fornendo però mai nessuna prova sulla reale esistenza in vita della ragazza. Disseminando bigliettini e tracce su Emanuela in tutta Roma, l’Americano avrebbe fatto rinvenire ai giornalisti dell’ANSA un nastro su cui sono incisi lamenti di voce femminile: “Ma perché mi fai questo?..O Dio, ma cos’è? Sangue!.. Mi sento male, mio Dio mi fa male.. La prego, mi lasci andare..“. In realtà non c’è mai stata nessuna conferma che la voce fosse veramente quella di Emanuela Orlandi.
L’ultimatum dell’Americano non si lascia attendere e naturalmente chiede la liberazione di Alì Agca entro il 20 luglio. Ma altre telefonate, altre scadenze di ultimatum, il ruolo di certi faccendieri operanti dentro e fuori il Vaticano non certo pulito e la mancata collaborazione degli uomini del Vaticano portano per anni ad un giallo senza senza precedenti.
Il 7 maggio 1983 Mirella Gregori scompare
Il 7 maggio 1983 Mirella Gregori, una ragazza appassionata di musica come Emanuela sparisce improvvisamente. Una settimana prima si era recata con la sua classe a visitare il Santo Padre e una sua fotografia vicino al Pontefice aveva fatto bella mostra di sé per molto tempo sia nell’anticamera dell’ “Osservatore Romano” sia nello studio di Arturo Mari, il fotografo del Vaticano. Il sequestro avvenne partendo proprio da quell’udienza a cui la ragazza aveva partecipato.
La sparizione di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi danno corpo ad un’ipotesi che vede un nuovo capitolo di scontro tra i catto-massoni e gli opusiani. Simpatizzante degli Opus Dei, Giovanni Paolo II avrebbe consentito ai catto-massoni di coltivare indisturbati il giardinetto dello IOR soltanto a patto che l’Istituto per le opere di religione accettasse di erogare sontuosi finanziamenti ai suoi amici di Solidarnosc. Quando però papa Wojtyla cerca di promuove l’Opus Dei al rango di prelatura, l’alleanza temporanea con la Loggia Massonica svanisce e i catto-massoni armano la mano di Alì Agca per uccidere un papa nemico, con la complicità dei servizi segreti comunisti. Fallito l’attentato i catto-massoni non si fermano e progettano il sequestro di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori per gettare fango sul papa e sull’Opus Dei.
Esistono però altre ipotesi sulla sparizione delle due ragazze. Secondo altre fonti Emanuela Orlandi e Mirella Gregori erano diventate le amanti di alti prelati con la passione per le ragazze giovanissime e la loro sparizione non è altro che un modo per evitare che lo scandalo venisse alla luce in proporzioni epocali.
Altre indagini recenti hanno invece portato al presunto coinvolgimento sulla sparizione di Emanuela Orlandi, di Enrico De Pedis, detto Renatino, il boss dell’organizzazione criminale romana, la Banda della Magliana. Secondo la compagna Sabrina Minardi, ex moglie del calciatore della Lazio Bruno Giordano, alla guida dell’auto che prelevò la ragazza quel giorno c’era De Pedis. Il rapimento sarebbe avvenuto su ordine di Monsignor Marcinkus all’epoca presidente dello IOR. Emanuela sarebbe poi stata uccisa e gettata in una betoniera a Torvaianica.
Grazie alle rivelazioni della Minardi, sono stati iscritti nel registro degli indagati altre tre persone: Sergio Virtù, Angelo Cassani e Gianfranco Cerboni, tutti e tre avrebbero avuto un ruolo chiave nel rapimento della ragazza. Emanuela, sempre secondo la Minardi, fu segregata nell’appartamento di via Pignatelli, nel quartiere Monteverde di Roma. La palazzina fu poi restaurata da Danilo Abbrucciati, membro della Banda della Magliana. La Minardi accompagnò in auto Emanuela Orlandi dal bar del Gianicolo fino al benzinaio del Vaticano, dove ad attenderle c’era un sacerdote a bordo di una Mercedes targata Città del Vaticano.
Le dichiarazioni della Minardi inizialmente lasciarono molti dubbi per le incongruenze temporali ma il ritrovamento nel 2008 della BMW utilizzata per il trasporto della Orlandi resero le sue dichiarazioni sempre più attendibili, poiché l’auto era appartenuta inizialmente a Flavio Carboni (indagato per la morte di Roberto Calvi) e poi ad uno dei componenti della Banda della Magliana.
Inoltre De Pedis, assassinato a Campo dè Fiori il 2 febbraio 1990 fu seppellito all’interno della cripta della basilica di Sant’Apollinare a Roma, di proprietà dell’Opus Dei, su ordine del Cardinal Poletti; sepoltura inusuale per un comune cittadino dal passato criminale e contro quel Diritto canonico che sancisce la sepoltura nelle chiese di cadaveri solo se riguardanti il Pontefice, Cardinali o Vescovi diocesani.
Da pochi giorni la Procura ha chiesto l’archiviazione delle inchieste sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Un mistero che rimarrà per sempre irrisolto e getta evidenti volontà da parte dello Stato e del Vaticano, che non ha mai effettivamente collaborato alla risoluzione delle sparizioni, di chiudere definitivamente un caso scomodo che va avanti da circa 32 anni.
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