Dick Fosbury: l’uomo che rivoluzionò il salto in alto

Nella storia delle Olimpiadi vi sono state edizioni più importanti di altre; a volte per le imprese sportive che ne caratterizzarono i risultati segnando record destinati a durare a lungo, altre perché particolarmente “politicizzate” tanto da registrare anche dei boicottaggi più o meno rilevanti dal punto di vista numerico o per il peso specifico delle nazioni assenti; ma forse nessuna edizione dei Giochi Olimpici ha lasciato il segno nella Storia come quella di Città del Messico 1968; una sessione che vide stagliarsi di pari passo gli avvenimenti sportivi a quelli, certamente meno graditi, legati al terrorismo che ne macchiarono di sangue i giorni immediatamente precedenti alla cerimonia di apertura, con la strage di Piazza delle Tre Culture, e con le manifestazioni di carattere politico, più o meno palesi, messe in atto da parte anche dagli stessi atleti in gara o durante le cerimonie di premiazione.

Proprio a quella edizione appartiene la storia dell’atleta del quale vogliamo parlarvi oggi a più di 50 anni da quei giorni infuocati…

Alle 17,20 del 20 ottobre 1968 a Città del Messico in pochi immaginavano di essere ad un passo da un evento storico per il mondo dello sport; un evento che avrebbe cambiato per sempre, o almeno fino ai nostri tempi, le “regole” di una delle discipline olimpiche più seguite ed importanti, il salto in alto.

Appena due giorni prima, il 18 ottobre di quello stesso anno, Bob Beamon, saltando 8 metri e 90 nella gara del lungo, aveva stabilito un record straordinario, stupendo il mondo con quella incredibile misura al limite delle capacità umane ritenute possibili a quell’epoca.

Dick Fosbury: l’uomo rivoluzionò il salto in alto

Dick Fosbury

Dick Fosbury, questo il nome del protagonista della nostra storia, quel pomeriggio assolato aveva in serbo un colpo a sorpresa che in pochi, sia tra i suoi avversari sia tra gli addetti ai lavori a tutti i livelli si aspettavano; Fosbury aveva iniziato a lavorare alla nuova tecnica fin dai tempi del liceo, anche se aveva riscontrato parecchie difficoltà nel cercare di affermarla in quanto troppo rivoluzionaria, troppo diversa per avere successo. Se tutti fino a quel  momento avevano utilizzato il salto “ventrale” evidentemente era quello il metodo giusto, si sentiva ripetere da più parti…

Ma torniamo a quel 20 ottobre 1968, finale del salto in alto; l’andamento della gara è ben chiaro da un pezzo. In corsa per il podio sono rimasti in tre: il sovietico Valentin Gavrilov e i due statunitensi Ed CaruthersDick Fosbury, tutti alla prima possibilità di conquistare la vittoria olimpica. Dick Fosbury fino ad allora non aveva avuto una carriera particolarmente rilevante, ed anche dopo l’exploit messicano, in effetti, non riuscì più a ripetere certe misure e di li a poco lasciò l’attività agonistica per concentrarsi sui suoi studi di Ingegneria, brillantemente portati a termine.

A 2.24 la tensione sale: sia Caruthers sia Fosbury sbagliano i primi due tentativi ma al terzo Caruthers non ce la fa.

Con il numero 272, per gli Stati Uniti d’America, si appresta a saltare Richard Fosbury” grida l’altoparlante dello stadio di Città del Messico, e lui, dopo l’ennesima riflessione, comincia la sua corsa, poi a pochi metri dall’ostacolo, fa una leggera curva, si pone di fianco e poi di spalle all’asticella e con una forte spinta all’indietro, un colpo di reni, la supera prima con la testa poi con le spalle ed infine le gambe, lasciando tutti di stucco ed increduli per quello che avevano appena visto!

Dick Fosbury

Medaglia d’oro e record olimpico per l’atleta di Portland, che probabilmente non lo sa ancora, ma ha rivoluzionato uno sport intero, e regalato un sogno agli innovatori.

Dick Fosbury

Del resto erano anni in cui non era semplice reperire immagini dalle altre parti del mondo e la federazione americana era stata molto attenta a non far trapelare nulla in merito ai particolari allenamenti di Fosbury ed alle sue innovative teorie, riprese per la verità da Bruce Quande, che per primo, tempo addietro aveva messo a punto quel modo di saltare ma non era riuscito ad imporsi.

Fosbury era balzato all’attenzione nazionale, vincendo il campionato NCAA e i trials di qualificazione per le Olimpiadi utilizzando il suo nuovo stile studiato a lungo a tavolino, da buon ingegnere, con dei “disegnini” di cui parlò dopo la vittoria olimpica. Di rilevante importanza anche il nuovo materasso, da poco introdotto, molto più soffice di quello in sabbia e trucioli di legno utilizzato precedentemente che non gli avrebbe consentito un “atterraggio” morbido sulla schiena.

Da allora in molti presero a saltare in quella maniera, “alla Fosbury” (o dorsale) ed a partire dagli anni 80’ tutti gli atleti di specialità utilizzeranno la “sua” tecnica. L’ultimo a continuare imperterrito con il “ventrale” fino alla seconda metà degli anni 70’ fu l’ucraino Volodja Yaschenko.

Dick Fosbury

La validità di questa specie di salto si è dimostrata anche nel tempo visto che il record del mondo con salto ventrale è di 2.35 metri, stabilito dal russo Vladimir Jaščenko mentre con il Fosbury la misura arriverà dieci centimetri più in alto grazie al cubano Javier Sotomayor che nel 1993 lo ha fissato a 2.45 metri.

Altra curiosità fu l’utilizzo da parte dello statunitense di due scarpe di diverso colore; non per questioni di marketing, attività all’epoca ancora in embrione, ma per una sua particolare convinzione e cioè che un  determinato colore gli desse più “spinta” rispetto ad un altro!

Dick Fosbury

Fosbury si è ritirato nel 1972 all’indomani della sua mancata qualificazione per le imminenti Olimpiadi di Monaco nelle quali avrebbe dovuto difendere il suo alloro.

Nel 1981 è stato eletto nella National Track & Field Hall of Fame, ed oggi, a 52 anni da quel salto in alto nella storia, Fosbury, che è presidente dell’associazione mondiale degli atleti olimpici, vive senza clamori nell’Idaho, lontano dalle metropoli e dalla fama. Dice che la sua vittoria più grande non è stata quella di Città del Messico. Ma la sfida contro la paura quando gli fu diagnosticato un tumore a una vertebra.

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Giampiero Giuffré

Giampiero Giuffè: bancario per necessità ma non per vocazione, si butta a capofitto nel mondo radiotelevisivo alla fine degli anni 90′ e per 7 anni conduce su RadioSpazioAperto, insieme al fratello Simone, prima The Football Box, La Scatola del Calcio, dedicata al calcio internazionale, e poi BZona, Allenatori nel Pallone, trasmissione semiseria sul mondo del calcio e del fantacalcio. Appassionato tifoso laziale collabora come redattore o caporedattore con vari siti; dedito anche alla musica caraibica e latina in genere, la balla e ne scrive. In questo blog segue, per ora, la categoria I Miti dello Sport. Blog personale: www.ggromanews.it

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