David Bowie: il Duca Bianco della musica
David Robert Jones, ovvero David Bowie nasce l’ 8 gennaio del 1947 a Brixton. All’età di 6 anni si trasferisce con i genitori nel sobborgo di Bromley nel Kent. Cresce ascoltando i dischi di Little Richard (il suo idolo) e i Fats Domino e a 11 anni inizia a frequentare la Bromley Technical School.
Negli anni dell’infanzia e della pre-adolescenza a guidare il suo gusto musicale è però soprattutto il fratellastro Terry nato nel 1937 da una precedente relazione della madre e affetto da schizofrenia ma assiduo lettore di scrittori beat e appassionato fruitore di musica jazz. Nel Natale del 1959, David riceve in regalo dalla madre un sassofono, e si iscrive alle lezioni di musica del sassofonista jazz Ronnie Ross. Nel frattempo inizia a lavorare come commesso in un negozio di dischi a Bromley e ha modo di avvicinarsi alla musica di James Brown e Ray Charles.
Un giorno, all’uscita da scuola, ha uno scontro con l’amico George Underwood che lo segna per sempre: l’occhio sinistro lesionato assume un definitivo colore rossastro che gli vale l’impietoso soprannome di “red orb” da parte dei ragazzi del quartiere. Da lì diventerà il cantante inglese con un occhio verde e uno marrone.
In quegli anni inizia a suonare con tante band scolastiche cercando di sfondare alla guida di gruppi underground come Manish Boys, The Konrads, King Bees e Buzz. David sogna di diventare il nuovo Little Richard in una Londra invasa da droga e pasticche. L’incontro con il manager Kenneth Pitt, che gli suggerisce di adottare il cognome Bowie (dal coltello “bowie-knife”) per evitare di essere confuso con Davy Jones dei Monkees , danno inizio alla sua carriera solista.
Bowie stenta tra il folk britannico, le tentazioni psichedeliche e il revival rhythm ‘n blues dell’epoca.
Indice
David Bowie: l’alieno che arriva sulla terra
Nel 1969 dopo alcune audizioni, gruppi diversi e flop, Bowie ottiene un successo strepitoso con il brano “Space Oddity” ispirata al film “2001 Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick e incentrata sulla saga dell’immaginario astronauta Major Tom, David lascia un segno nella storia con la prima ballata spaziale della storia del rock e capostipite del filone fantascientifico chiave di volta del repertorio bowiano.
La canzone ebbe un notevole successo e venne trasmessa dalla BBC durante i suoi servizi dedicati all’evento e da allora la canzone è spesso presente nei documentari sulle esplorazioni spaziali.
Contemporaneamente alla carriera musicale, David porta avanti anche quella cinematografica: all’esordio come attore nel 1967 nel cortometraggio in bianco e nero The Image, seguono nel 1968 The Pistol Shot, adattamento televisivo della BBC di un’opera di Pushkin e il film di John Dexter The Virgin Soldiers. Il primo vero ruolo da protagonista è però quello dell’alieno che arriva sulla terra per salvare il suo pianeta morente in L’Uomo che cadde sulla Terra di Nicholas Roeg, dal romanzo omonimo di Walter Tevis. Seguono nel 1978, Just a gigolò, nel quale Bowie interpreta un ex ufficiale tedesco che, di ritorno dal fronte, si inventa gigolò.
Gli anni di Ziggy Stardust
L’omonimo album Space Oddity non aggiunge valore aggiunto alla carriera di Bowie ma lo spinge a cambiare stile, lo stesso accade per il suo aspetto e il suo atteggiamento. I capelli in stile militare che aveva dovuto tagliare qualche mese prima, per la partecipazione al film The Virgin Soldiers, sono ricresciuti e il cantante si presenta con una disordinata permanente riccia, che avrebbe continuato a sfoggiare fino agli anni settanta. Con l’avvento del nuovo look, David stava coltivando il personaggio stranito, dolce ed effemminato che avrebbe costituito la sua immagine pubblica negli anni a venire.
La grande notorietà arriva con gli album Hunky Dory e The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars che contengono due dei suoi più grandi successi, “Starman” e “Life on Mars?“. Nasce così il suo misterioso alter ego Ziggy Stardust con il quale negli anni Settanta porta in tour uno show di grandissimo impatto scenico e inaugura una serie di prestigiose collaborazioni con Iggy Pop, Tina Turner e i Queen (indimenticabile la versione di “Under pressure” nella quale duetta con Freddy Mercury).
Fra il 1972 e il 1973, nei panni di Ziggy Stardust porta in giro uno show dalle mille meraviglie dove il vero Bowie e la figura teatrale si confondono tanto da rendere sottilissimo il confine tra realtà e finzione scenica.
Dopo l’epoca “Ziggy” arriva “Aladdin Sane” (gioco di parole da “A Lad Insane”), un altro grande capolavoro. Un album dall’anima prettamente “rock’n’roll” che però celebra anche il requiem dell’era glam, Bowie ha intuito che la scena glam-rock è ormai asfittica, cerca nuove sfide, nuovi pianeti da esplorare. Così, alla fine del tour di promozione dell’album, compie un gesto simbolico e plateale: si sbarazza del suo ingombrante alter ego Ziggy Stardust facendolo “morire” sul palco e sciogliendo gli Spiders From Mars. Di lì a poco anche l’epopea glam si dissolverà, nella polvere di stelle del suo eroe.
Bowie non ha alcuna intenzione di restare schiacciato da un personaggio che avrebbe ben presto stancato il pubblico; la filosofia dei cambiamenti repentini finalizzati a tenere desta l’attenzione verso di sé, rivelatasi molto di più di una felice intuizione, lo guiderà negli anni a venire, fino a trasformarlo in un accorto businessman.
Gli anni del Duca Bianco
In quegli anni Bowie diventa un’icona gay così evitando di schierarsi appieno con una causa o fede politica porta sul palco una nuova figura di un uomo con pantaloni neri a pieghe, panciotto e camicia bianca, capelli rosso-biondi impomatati e tirati all’indietro. Un essere algido e aristocratico, alienato dalla paranoia urbana e isolato nel suo mondo di musica robotica. Su di lui Bowie sfogherà tutte le ossessioni del periodo, inclusa la malsana attrazione per la mitologia nazista evocata in alcune farneticanti interviste. “Il Duca Bianco era un orco, ma in fondo il miglior modo di combattere una forza malefica è ridurla a caricatura”, teorizzerà qualche anno dopo.
Cosi estremamente creativo tra il 1977 e il 1979, con la cosiddetta trilogia berlinese di Low, Heroes e Lodger, Bowie continua a sperimentare trasformandosi nell’affascinante Duca Bianco che lo traghetta negli anni Ottanta e Novanta, periodo nel quale a reclamare la sua magnetica presenza è soprattutto il grande schermo e il genere pop. Le hit di questi anni sono “Let’s Dance“, “China Girl“, “Loving the alien“, tutte accompagnate da video estremamente curati e suggestivi.
I suoi testi diventano criptici, ispirati alla cibernetica e a sistemi fantatelevisivi, i tour presentano scenografie scarne illuminate da gelide luci bianche al neon.
Al ritmo di un disco all’anno, Bowie per parecchi anni nel bene e nel male non si è mai limitato a creare un “marchio Bowie” uguale a se stesso e rassicurante: dalle nostalgie beat con Pin Ups, agli incubi orwelliani di Diamond Dogs, al R&B bianco con Station to Station e Young Americans, all’electro pop intellettuale che, secondo molti critici, costituirà la fase più creativa della sua carriera alla fine degli anni Ottanta.
La carriera da attore
Proprio in quegli anni Bowie investe molto di più nella carriera di attore cinematografico e teatrale e incrementa, sia come numero che come grandiosità, i suoi tour, mentre la produzione discografica si basa per tutto il decennio su un raffinato quanto generico pop, con album che ruotano intorno alla title-track strutturata come hit da massiccia trasmissione radiofonica.
Il 6 giugno 1992 si sposa con Iman presso la chiesa di Saint James a Firenze. Nel 2004, in seguito ad una operazione al cuore si è ritirato dalle scene, per ricomparire brevemente nel 2006.
Il 21 gennaio 2009 su alcuni blog si era diffusa la notizia secondo la quale Bowie era a Berlino per la registrazione di un nuovo album, ma la notizia è stata subito smentita dal sito ufficiale.
I suoi contributi cinematografici sono veramente numerosi, ma numerose sono anche le sue collaborazioni musicali con cantanti del calibro di Freddie Mercury (Under Pressure) , Mick Jagger (Dancing in the Street), e tanti altri.
David Bowie è stato quello più consapevole del valore delle immagini e il più abile nello sfruttarle, tanto che moda, video, recitazione, sono state parte integrante della sua proposta artistica tanto quanto la musica.
Per cosa è morto David Bowie
David Bowie muore il 10 gennaio 2016 nella sua casa di Lafayette Street a New York City per un tumore al fegato. A due giorni dalla sua morte, è uscito il venticinquesimo album, Blackstar, che ha coinciso anche con il suo 69esimo compleanno.