Costa Concordia e le tragedie in mare
A cento anni esatti dalla tragedia del Titanic, assistiamo ad un’altra tragedia in mare con la Costa Concordia. Ancora una volta la troppa sicurezza e la presunzione sembrano essere le cause dominanti.
Nel caso del Titanic il comandante, Edward Smith, spinse la nave a grande velocità, non curandosi delle segnalazioni iceberg da parte di altre imbarcazioni.
Il comandante della Concordia, Francesco Schettino, invece sembra aver ignorato le carte nautiche che segnalavano la presenza di scogli avendo però subito pressione per passare di fronte al Giglio per il “famoso saluto con inchino” concesso dalle navi di crociera Costa all’Isola.
Costa Concordia e le tragedie in mare
Mentre il Titanic s’inabissava nei fondali dell’oceano Atlantico, il capitano Smith non abbandonò vigliaccamente la nave che affondava a differenza di J.Bruce Ismay, figlio del fondatore della White Starc che partecipò al viaggio inaugurale del Titanic e arrivò sano e salvo a terra.
Ismay divenne bersaglio di una violenta campagna di stampa, fu bollato come codardo così come il comandante della Concordia Schettino che, mentre erano ancora in atto le operazioni di evacuazione della nave in inclinazione, era già sceso dalla nave con buona parte dei suoi colleghi.
Il relitto della Concordia finirà, con buone probabilità, nelle acque del mar Tirreno, a circa 70 metri di profondità, bisogna però risolvere ancora il problema delle circa 2.400 tonnellate di carburanti e olii vari da recuperare così come tutta una serie di materiali presenti a bordo potenzialmente contaminanti, dal cloro ai detersivi, dalle vernici alle derrate alimentari in decomposizione. Fino ai rifiuti che galleggiano intorno al relitto per scongiurare un vero e proprio disastro ambientale.
Oltre all’impatto di natura ambientale ed economico (risarcimenti e disdette di massa) ricordiamoci anche il danno umano con un bilancio di 32 persone, tra cui morti e dispersi.
Il Titanic come la Costa Concordia era un gioiello della tecnologia marina, era inaffondabile, un mito per quell’epoca (anno 1912) eppure impiegò solo due ore e 40 minuti per colare a picco nelle gelide acque dell’Atlantico, dopo la collisione con un iceberg. Morirono oltre 1500 persone, tra questi, moltissimi erano migranti irlandesi che, stipati in terza classe, avrebbero voluto andare a New York.
L’errore più grande fu non solo quello di ignorare i continui avvertimenti (7 in tutto) di presenza di ghiaccio ma anche quello di fornire la nave di 1.147 scialuppe su un totale di 3.457 imbarcati. Altro elemento fondamentale da tenere conto fu la mancanza di binocoli indispensabili a quell’epoca per un’attenta gestione della navigazione.
La Concordia non aveva migranti ma viaggiatori e personale di bordo proveniente da paesi del Terzo Mondo pagato con poche centinaia di dollari al mese per 12 ore di lavoro continuativo e che non solo non parlava italiano ma era anche impreparato a gestire situazioni del genere.
Gli eroi sono stati proprio loro oltre naturlamente l’ufficiale Manrico Giampedroni e il mitico De Falco il capo della sala operativa della Capitaneria di porto di Livorno, che mentre la Costa era incagliata sugli scogli intimava il capitano Schettino di risalire sulla nave per dare disposizioni. I soccorritori della Marina, i Vigili del Fuoco, gli uomini dell’elisoccorso, fino ai cittadini del Giglio che hanno accolto i naufraghi hanno dato poi il loro enorme contribuito evitando una tragedia ancora più forte.
Eroi furono presenti anche sul Titanic, ricordiamo il capitano Edward John Smith, che dopo aver aiutato la gente a scendere si è inabissato con la sua nave, i componenti dell’orchestra che continuando a suonare hanno alleviato l’ansia di una morte certa per molti passeggeri.
Come sul Titanic anche sulla Concordia è mancato l’elemento fondamentale: la comunicazione onesta verso i viaggiatori. Mentre gli ufficiali e Schettino scappavano con una scialuppa, i viaggiatori e lo staff di bordo avevano difficoltà a capire cosa fare e come gestire l’emergenza di una nave in procinto di affondare.
Oggi il comandante della nave Costa Concordia è accusato di omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono di nave e rischia fino a 15 anni di reclusione.
Ad aggravare la posizione di Schettino è l’ipotesi di un ammutinamento a bordo. Secondo diverse testimonianze l’equipaggio avrebbe iniziato a evacuare i passeggeri sulle scialuppe intorno alle 22.45, mentre la registrazione della comunicazione di abbandono nave da parte del capitano è delle 22.58, due ore dopo la collisione con lo scoglio e a seguito di forti sollecitazioni da parte della Guardia Costiera. Non solo: il capitano avrebbe lasciato la nave mentre a bordo c’erano ancora decine di passeggeri.
Pochi giorni fa è stato raggiunto un accordo tra associazioni dei consumatori e Costa Crociere sui risarcimenti ai passeggeri della nave naufragata al Giglio. Per la prima volta in Italia viene riconosciuto infatti oltre al rimborso delle spese di viaggio e per la perdita del bagaglio, un danno esistenziale per gli effetti psicofisici causati dalla paura per l’evento tragico patito. Stiamo parlando di una cifra di 11 mila euro che si somma ai 3 mila del rimborso per un totale di circa 14 mila euro.
Ecco altre tragedie in mare:
- L’Andrea Doria. Il 26 luglio 1956, speronato dalla nave svedese Stockholm, affonda il transatlantico Andrea Doria, vanto della cantierista italiana e della marina commerciale mondiale. Nella collisione, avvenuta al largo di New York, perdono la vita 46 passeggeri della nave italiana e 5 marinai di quella svedese. Altre tre persone muoiono successivamente.
- Il Moby Prince. Risale al 10 aprile del 1991 l’incidente del Moby Prince, la più grande tragedia della marina mercantile italiana dal dopoguerra, 140 morti e un solo superstite. Alle 22.25 il traghetto, partito da Livorno venti minuti prima, va in fiamme nelle acque antistanti il porto toscano. Il traghetto, forse a causa della nebbia, era finito contro la petroliera Agip Abruzzo.
- Il sottomarino Kursk. Il 12 agosto del 2000, una misteriosa esplosione scuote le acque del Mare di Barents, tra la Russia e la Norvegia. Il Kursk, il fiore all’occhiello della flotta russa, il più grande sommergibile nucleare d’attacco del mondo, si inabissa sul fondo dell’Oceano Artico, a 100 metri di profondità. Il mondo intero assiste impotente alla tragedia dei 118 membri dell’equipaggio, intrappolati nel relitto del Kursk, in attesa di soccorsi che non arriveranno mai.
- La Vincenzo Florio. È il 18 dicembre del 2004 quando nel Porto di Palermo, molo Vittorio Veneto comincia l’odissea, vissuta da 490 passeggeri della nave tragetto Vincenzo Florio, rimasta per cinque ore in balia del mare forza otto, a causa del fermo dei motori provocato da un blackout energetico. E minacciata dalle fiamme sviluppatesi nella stiva-garage. Si sfiora la tragedia.
- L’Audace e la Susan Borchard. La notte del 29 giugno del 2005 invece una nave cisterna ‘Audacè sperona il peschereccio ‘Padre Piò. Sono le 2 circa quando l«Audacè spacca in due la piccola imbarcazione: i tre uomini a bordo per giorni restano dispersi. I loro corpi furono recuperati i primi giorni di luglio: Salvatore Vespoli di 43 anni, Antonio Manfredi 48, Antonio Buonomo 20. Sono le 17.54 del 15 gennaio 2007, quando la motonave Susan Borchard si scontra nelle acque dello Stretto di Messina con il mezzo veloce delle Ferrovie dello Stato, Segesta Jet. Muoiono quattro persone.