Cagliari: Giulini riparte da Zeman
Ancora una volta Zdenek. Ancora una volta serie A. Questa volta tocca al Cagliari, o meglio alla gran parte della Sardegna che s’identifica con i colori rossoblu, affidarsi a lui. Al tecnico dei sogni, all’allenatore che fa sognare con la sua tattica, offensiva fino al limite dell’autolesionismo, con i suoi schemi esasperati, con il suo concetto di collettivo che prevarica ogni forma di personalismo, salvo poi esaltarne gli interpreti come quasi nessuno riesce a fare, prima e dopo di lui.
Cagliari: Giulini riparte da Zeman
L’ultima frontiera del “sogno Zeman” si chiama Pescara, stagione di grazia 2011-2012: promozione diretta dalla cadetteria a suon di goal e lancio di un trio, Immobile-Insigne-Verratti, destinato a far parlare di sé. Poi il ritorno alla Roma e l’esonero scottante, condito dalle solite polemiche e dai consueti dibattiti tra chi lo vede come un santone del bel calcio e chi lo indica come un fallito di successo, il portatore, sano, di un virus perdente, che attanaglia gli appassionati, illudendoli attraverso la semina del bel gioco, ma abbandonandoli nel momento cruciale, quello di una raccolta che non arriva mai.
Era l’alba degli anni 90’ quando, dopo aver fatto esperienza e gavetta nelle serie minori, Zeman si affacciava per la prima volta sulla massima ribalta nazionale, alla guida del Foggia dei miracoli, unico ed amatissimo sindaco di Zemanlandia. Un Foggia che in B, trainato dal tridente delle meraviglie, Rambaudi-Baiano-Signori, aveva fatto scalpore e che ripeté l’impresa anche al confronto degli squadroni dell’epoca, affrontando tutti senza macchia e senza paura. Venne poi il grande salto metropolitano con le panchine bollenti, in rapida successione, di Lazio e Roma (altra impresa singolare a pensarci bene…).
Da una parte e dall’altra sono illusioni e delusioni, voli pindarici e bruschi risvegli, ma, nonostante i laziali lo sberleffino per i 4 derby su 4 persi in una stagione, o lo rinneghino accusandolo di “alto tradimento”, i romani tutti, senza distinzione di fede, ancora oggi lo ricordano con affetto ed un pizzico di nostalgia, consapevoli di aver assistito, in quegli anni, alle partite più belle, spettacolari ed emozionanti della loro vita. Perché il bello ed il brutto allo stesso momento del “boemo” è proprio la sua inguaribile, quanto consapevole ed incorreggibile idiosincrasia con il quieto vivere, con l’ovvio, il semplice, lo scontato… Sul 3-0 a favore, con lui in panchina, non puoi mai dormire sonni tranquilli, perché per lui la gestione del risultato non esiste e tutto può accadere, così come sul 2-0 per l’avversario è sempre forte la convinzione, spesso concretamente suffragata dai risultati, di poter capovolgere la situazione, di poter ancora vincere la partita.
Forse proprio per questa incapacità di gestire, di mediare, le “grandi” tradizionali, ben prima che la Juventus lo ponesse all’Indice qualificandolo come “untore del Sistema” a seguito delle sue note dichiarazioni sull’abuso di farmaci, non lo hanno mai davvero preso in considerazione, ventilandone semplicemente il nome di tanto in tanto, specie all’indomani di una stagione deludente o prima di avviare una qualche rifondazione. Per questo Zeman, Roma (città) a parte, resta soprattutto il”mago della provincia”, l’additivo, naturale ovviamente, dei tanti Davide sparsi per la nostra penisola, da sempre in lotta per abbattere, almeno una volta nella vita, l’odiato Golia.
Senza Cellino il nuovo Cagliari è un’incognita: l’imprenditore “chitarrista” durante il suo interregno ha commesso innumerevoli errori, di natura tecnica e gestionale, peccando a volte di presunzione, calcistica e non, però gli va dato atto di aver riportato i sardi ad un palmo da vette che soltanto a cavallo degli anni 60’ e 70’ erano state raggiunte, quando però era ancora possibile trattenere sull’isola un giocatore come “Gigiriva”, in grado da solo di spostare gli equilibri, portandosi dietro il tifo e l’entusiasmo sognante dell’intera isola. Ecco che tornano le parole chiave, “entusiasmo e sogno”.
Se Giulini intende riportare l’entusiasmo a Cagliari, dopo un paio di stagioni piatte, mortificanti per certi aspetti, con i tifosi senza nemmeno uno stadio e costretti ad errare in giro per l’Italia, con salvezze ottenute magari senza soffrire ma anche senza squilli di tromba, senza imprese, senza sognare, allora quello di Zeman può essere il nome giusto. Purché non resti per più di un paio di stagioni, purché non gli si chieda di vincere.